mercoledì 15 dicembre 2010

La strategia dell’Unione Europea per il 2020.

L’Europa deve ritrovare la strada giusta e non deve più perderla. È questo l’obiettivo della strategia comunitaria Europa 2020
Le politiche comunitarie in materia di indicatori strutturali.
Sono oramai due anni che stiamo affrontando la peggiore crisi economica del mondo dal 1930, crisi che ha annullato la maggior parte dei progressi compiuti in Europa e in Italia dal 2000. Ci troviamo ora di fronte elevati livelli di disoccupazione, lenta crescita strutturale e livelli eccessivi di debito pubblico. La situazione economica sta migliorando, ma la ripresa è ancora fragile. Allo stesso tempo, il mondo (quello economico) si muove veloce e pone ardue sfide politiche a lungo termine. Molti si pongono interrogativi sulla validità della stessa Europa unita, in un momento delicato dove la pressione sulle risorse si intensifica, e i cambiamenti climatici si avvertono chiaramente.
L’Europa può riuscire a gestire questo processo? Si può agisce collettivamente? Europa 2020, la strategia proposta dalla Commissione, mostra un progetto su come l’UE possa uscire rafforzata dalla crisi, su come sostenere un’economia sostenibile e una solidale distribuzione del reddito, mantenendo alta la produttività e soprattutto la coesione sociale.
Tutti i paesi sono chiamati ad uno sforzo che sembra quasi contro natura. Perché il mondo economico, questo ci hanno abituato a pensare ultimamente, sembra avere obiettivi personali, e non comuni. Obiettivi poco chiari, dettati dai poteri delle banche, che sfuggono anche agli economisti più esperti.
EUROPA 2020 è il nome della strategia europea per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Così si legge nella comunicazione della Commissione Europea del marzo di quest’anno. “La Commissione propone per il 2020 cinque obiettivi misurabili dell’UE, che guideranno il processo e verranno tradotti in obiettivi nazionali. Tali obiettivi, che riguardano l’occupazione, la ricerca e l’innovazione, il cambiamento climatico e l’energia, l’istruzione e la lotta contro la povertà, rappresentano la direzione da seguire e ci consentiranno di valutare la nostra riuscita”. Sono le parole di José Manuel BARROSO, presidente della Commissione.
La nuova strategia si concentrerà sui settori principali in cui è necessario intervenire: conoscenza e innovazione, un’economia più sostenibile, alto tasso di occupazione e inclusione sociale.
Ma a che punto è l’Italia? Osserviamo da vicino i 5 indicatori a cui si faceva riferimento. Nell’analisi che segue si vedrà l’alla attuale situazione comunitaria e italiana. Si farà anche una ipotesi per l’anno 2020; tale valore è basato su una stima (lineare) che basa la previsione ipotizzando per il futuro lo stesso trend attuale.
I valori indicati come max e min si riferiscono ai paesi che nella UE occupano rispettivamente il primo e l’ultimo posto nella rispettiva classifica.

Obiettivo n. 1: Il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro
L’indicatore utilizzato è il tasso di occupazione per sesso e fascia di età (20-64 anni). La figura seguente mostra il trend dell’indicatore. Il tasso di occupazione dovrebbe passare dall’attuale 69% europeo ad almeno il 75%, anche mediante una maggior partecipazione delle donne e dei lavoratori più anziani e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva. L’Italia sta molto indietro, anche perché in calo dal 2008.
Figura 1: Tasso di occupazione 20-64 anni.
Figura 1: Tasso di occupazione 20-64 anni.

Obiettivo n. 2: Il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in R & S
L’indicatore utilizzato è la Spesa interna lorda per R & S (GERD).

La spesa europea per l’R&S è inferiore al 2%, contro il 2,6% negli Stati Uniti e il 3,4% in Giappone, soprattutto a causa dei livelli più bassi di investimenti privati. Ma la quota europea meno elevata di imprese ad alta tecnologia giustifica per metà il divario fra noi e gli Stati Uniti. L’Italia sta appena sopra l’1%.
Figura 2: Spesa interna lorda per Ricerca e Sviluppo (GERD).
Figura 2: Spesa interna lorda per Ricerca e Sviluppo (GERD).
Obiettivo n. 3: I traguardi “20/20/20″ in materia di clima/energia devono essere raggiunti (compreso un incremento del 30% della riduzione delle emissioni se le condizioni lo permettono)
L’UE si è posta tre sub-obiettivi per il 2020: ridurre i gas serra del 20%, migliorare l’efficienza energetica del 20% e aumentare la quota delle energie rinnovabili nel nostro consumo al 20%. Vediamo nel dettaglio la situazione attuale e i possibili sviluppi nel 2020.
Sub-obiettivo 3.1: Emissioni di gas serra (obiettivo 2020: 80,0)
L’obiettivo è ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20% rispetto ai livelli del 1990 o del 30%, se sussistono le necessarie condizioni (La soglia di povertà nazionale corrisponde al 60% del reddito medio disponibile in ciascuno Stato membro).
Figura 3: Emissioni di gas serra.
Figura 3: Emissioni di gas serra.
Sub-obiettivo 3.2: Quota percentuale di energie rinnovabili nel consumo interno lordo di energia. È’ suddiviso in fonti di energia principali. (obiettivo 2020: 20%)
Figura 4: quota percentuale di energie rinnovabili sul consumo interno lordo di energia.
Figura 4: quota percentuale di energie rinnovabili sul consumo interno lordo di energia.
A tal proposito la Direttiva della Comunità Europea 2009/28, ha fissato gli obiettivi nazionali da raggiungere in termini di consumo complessivo di energia (energia elettrica, trazione, riscaldamento). L’obiettivo obbligatorio è del 20% di energia da fonti rinnovabili sul consumo di energia complessivo della Comunità entro il 2020. La nuova Direttiva dovrà essere recepita dagli ordinamenti nazionali entro il 5 dicembre 2010.

Sub-obiettivo 3.3: Intensità energetica dell’economia (indicatore proxy per il risparmio energetico).
L’obiettivo è migliorare del 20% l’efficienza energetica.
Figura 5: Consumo di energia per unità di PIL.
Figura 5: Consumo di energia per unità di PIL.

Obiettivo n. 4: Il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve essere laureato.
Sub-obiettivo 4.1: Abbandono precoce dell’istruzione e della formazione. 
L’obiettivo in termini di livello d’istruzione che affronti il problema dell’abbandono scolastico è ridurre il tasso dall’attuale livello europeo del 15% al 10%. L’Italia sta recuperando ma ancora mediamente indietro agli altri paesi comunitari.
Figura 6: Tasso di abbandono scolastico (popolazione di età 18-24 anni che non prosegue gli studi).
Figura 6: Tasso di abbandono scolastico (popolazione di età 18-24 anni che non prosegue gli studi).
Sub-obiettivo 4.2: Raggiungimento di istruzione terziaria per sesso, fascia di età 30-34
L’obiettivo è aumentare la quota della popolazione di età compresa tra 30 e 34 anni che ha completato gli studi superiori dall’attuale 31% europeo ad almeno il 40% nel 2020; L’Italia dovrà fare uno sforzo ancora più grande, essendo sotto il 20%.
Figura 7: Raggiungimento di istruzione terziaria per sesso, fascia di età 30-34
Figura 7: Raggiungimento di istruzione terziaria per sesso, fascia di età 30-34
Obiettivo n. 5: 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà.
Sull’ultimo indicatore occorre dire che le persone a rischio di povertà sono le persone con un reddito disponibile sotto il livello di soglia di povertà, che è fissato al 60% della mediana nazionale del reddito disponibile (dopo i trasferimenti sociali). Essendo l’obiettivo comunitario del 2020 ridurre di 20 milioni tale numero, considerando anche le persone a rischio di esclusione, possiamo fissare l’obiettivo italiano in proporzione. Otteniamo il grafico seguente. Tale indicatore attualmente tende attualmente a crescere per l’Italia.
Figura 8: Popolazione a rischio di povertà o di esclusione
Figura 8: Popolazione a rischio di povertà o di esclusione
L’indicatore principale prevede inoltre 3 sub-indicatori, che vale la pena di menzionare, almeno per indicare gli attuali valori italiani ed comunitari.

Sub-indicatore 5.1: persone che vivono in famiglie con intensità del lavoro molto basso. Sono persone di età compresa tra 0-59 che vivono in famiglie dove gli adulti lavorano meno del 20% del loro potenziale di lavoro totale nel corso dell’anno passato (x 1000 abitanti)
Valore Italia 2008: 7,03
Valore UE 2008: 8,02

Sub-indicatore 5.2: persone a rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali (x 1000 abitanti).
Valore Italia 2008: 18,7
Valore UE 2008: 16,5
Sub-indicatore 5.3: Grave deprivazione materiale
Valore Italia 2008: 7,5
Valore UE 2008: 8,2
Alla luce dei dati appena illustrati, sembra veramente difficile per l’Italia ottenere il raggiungimento degli obiettivi per il 2020. In alcuni casi occorre aumentare la crescita, e in altri addirittura invertirla. Ma si stanno facendo sforzi sostenuti, e per ottenere risultati, la Commissione Europea aiuterà gli Stati membri a elaborare le proprie strategie per ripristinare la sostenibilità della crescita e delle finanze pubbliche. Non siamo soli quindi. A livello dell’UE saranno adottati orientamenti integrati che coprano le priorità e i traguardi dell’Unione, mentre agli Stati membri verranno rivolte raccomandazioni specifiche. Una risposta inadeguata potrebbe dar luogo ad avvertimenti strategici. Le relazioni nell’ambito di Europa 2020 e la valutazione del patto di stabilità e crescita saranno contemporanee, ferme restando la separazione degli strumenti e l’integrità del patto.
Il Consiglio europeo si assumerà la piena titolarità della nuova strategia, di cui costituirà l’elemento centrale. La Commissione valuterà i progressi verso il conseguimento degli obiettivi, agevolerà gli scambi politici e presenterà le proposte necessarie per orientare gli interventi e far progredire le iniziative faro dell’UE. Il Parlamento europeo avrà un ruolo determinante per mobilitare i cittadini e fungerà da colegislatore per le iniziative principali.
Questo approccio di partenariato dovrebbe essere esteso ai comitati dell’UE, ai parlamenti nazionali e alle autorità nazionali, locali e regionali, alle parti sociali, alle parti interessate e alla società civile, affinché tutti partecipino al conseguimento dei traguardi fissati.
La sfiducia da parte di taluni nelle potenzialità dell’Europa non è in realtà molto motivata. In un mondo globale, nessun paese può affrontare efficacemente le sfide se agisce da solo. Il coordinamento nell’UE funziona: la risposta alla crisi è la prova che un’azione concertata a livello dell’Unione risulta decisamente più efficace, come risulta dall’azione comune volta a stabilizzare il sistema bancario e l’adozione di un piano europeo di ripresa economica. Dobbiamo inoltre tener presente che come dimostrano i recenti avvenimenti, le riforme (o la mancanza di riforme) in un paese hanno ripercussioni sulla situazione di tutti gli altri.
Una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, sono come detto le parole di Barroso. Per far sì che i singoli stati membri siano ben orientati sul da farsi, la Commissione presenta sette iniziative faro. In tal modo saranno ben catalizzati i progressi relativi a ciascun tema prioritario.
1) “L’Unione dell’innovazione” per migliorare le condizioni generali e l’accesso ai finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, facendo in modo che le idee innovative si trasformino in nuovi prodotti e servizi tali da stimolare la crescita e l’occupazione.
2) “Youth on the move” per migliorare l’efficienza dei sistemi di insegnamento e agevolare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
3) “Un’agenda europea del digitale” per accelerare la diffusione dell’internet ad alta velocità e sfruttare i vantaggi di un mercato unico del digitale per famiglie e imprese.
4) “Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse” per contribuire a scindere la crescita economica dall’uso delle risorse, favorire il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, incrementare l’uso delle fonti di energia rinnovabile, modernizzare il nostro settore dei trasporti e promuovere l’efficienza energetica.
5) “Una politica industriale per l’era della globalizzazione” onde migliorare il clima imprenditoriale, specialmente per le PMI, e favorire lo sviluppo di una base industriale solida e sostenibile in grado di competere su scala mondiale.
6) “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro” onde modernizzare i mercati occupazionali e consentire alle persone di migliorare le proprie competenze in tutto l’arco della vita al fine di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e di conciliare meglio l’offerta e la domanda di manodopera, anche tramite la mobilità dei lavoratori.
7) La “Piattaforma europea contro la povertà” per garantire coesione sociale e territoriale in modo tale che i benefici della crescita e i posti di lavoro siano equamente distribuiti e che le persone vittime di povertà e esclusione sociale possano vivere in condizioni dignitose e partecipare attivamente alla società.
La commissaria Máire Geoghegan-Quinn ha annunciato a luglio che la Commissione europea ha stanziato quasi 6,4 miliardi di euro destinati agli investimenti per la ricerca e l’innovazione. Si tratta del il più cospicuo pacchetto di tutti i tempi, e le sovvenzioni saranno conferite attraverso inviti a presentare proposte (inviti a presentare offerte) e valutazioni nei prossimi 14 mesi.
“L’Italia ha urgente bisogno di puntare su ricerca e innovazione che e’ poi la via piu’ sicura per uscire dalla crisi”, Questo il messaggio lanciato dal vicepresidente di Confindustria per la Ricerca e l’Innovazione, Diana Bracco.
Intanto gli ultimi dati Istat sulla diminuzione della produttività del lavoro in Italia nell’ultimo triennio sono preoccupanti. Inoltre abbiamo già visto come (indicatore n. 2) siamo messi male in investimenti in R&S.
I dati Eurostat ci dicon chiaramente che gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) e in innovazione segnalano uno svantaggio rilevante dell’Italia rispetto alle altre importanti economie europee anche in relazione alla capacità innovativa espressa dal sistema delle imprese. Il dato del 2008, presenta un valore analogo a quello raggiunto alla metà degli anni Ottanta, decisamente lontano dalla media europea.
Solo il 37 per cento delle imprese manifatturiere italiane conduce attività di ricerca (contro il 70 per cento di quelle tedesche e il 59 per cento delle francesi) e il 28 per cento delle imprese produce servizi ad alto contenuto di conoscenza (ultimi nel confronto con le principali economie europee).
Le imprese che hanno innovato, quelle che hanno sviluppato nuovi prodotti o introdotto innovazioni tecnologico-creative, mostrano livelli e andamenti degli indicatori di performance superiori rispetto alle imprese non innovatrici nel periodo 2000-2008.
Saremo comunque obbligati ad un cambio di passo e questo non potrà che giovarci: gli Stati membri presenteranno i programmi
nazionali di riforma nell’autunno del 2010, specificando nei dettagli le azioni che intraprenderanno per attuare la strategia stessa. Entro ottobre 2010 poi, la Commissione presenterà le azioni richieste a livello dell’UE per attuare la nuova strategia, segnatamente attraverso le iniziative faro.
Restiamo fiduciosi che l’Europa ci prenda per mano.

Pubblicato su Enneeffe

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