mercoledì 15 dicembre 2010

I sondaggi politici: informazione o manipolazione?

Gli usi e gli abusi. Credibilità e affidabilità. Normativa e tutela.
Ognuno ha il suo sondaggio, ma a quale credere?

Tutto un mondo che crede agli oracoli s’incorona di imbecillità
(Pierangelo Bertoli)

I sondaggi su argomenti politici ed elettorali svolgono un ruolo importantissimo nei regimi democratici, in quanto (si spera) possano portarci alla conoscenza delle volontà dei cittadini nei confronti di istituzioni, partiti, leader politici e politiche pubbliche.

I leader politici da qualche tempo tengono fin troppo in considerazione i risultati dei sondaggi, a volte persino commissariati e finanziati personalmente. Essi godono quindi di una visibilità mediatica sempre più marcata, il che però rende più effimero il loro impatto.

Uno strumento semplicemente conoscitivo – almeno questo il motivo del loro concepimento – che ha visto trasformarsi col tempo ed invertire la causa con l’effetto.

Non più dall’opinione dei cittadini alla diffusione e conoscenza della stessa, ma sempre più dalla conoscenza di quello che pensano i cittadini al condizionamento dell’opinione degli stessi.

Una scoperta non recente in fin dei conti, ma oggi gli attori politici se ne servono per impostare le loro strategie di comunicazione e per tentare di influire sull’opinione pubblica.

La tipologia del leader di partito, carismatico e comunicativo, oppure colto e riflessivo viene essa stessa messa alla prova del sondaggio e viene da chiedersi ad esempio se una opinione espressa oggi possa essere confermata tra 2 mesi o se questa possa cambiare radicalmente al verificarsi di un evento politico importante.

La realtà è così difficilmente trasformabile in numeri che occorrono qualità e risorse per fare un buon sondaggio, la cui bontà, tra l’altro, è solamente appurabile a posteriori.

Ci sono un numero elevatissimo di aziende che conducono sondaggi, e per abbassare i costi, spesso impoveriscono la qualità delle ricerche. Sarebbe da chiedersi, e sono molti a farlo, quante di queste aziende operano rispondendo alla logica dell’informazione e quante (anche inconsapevolmente) a quella della propaganda.

Vista la rilevanza delle funzioni dei sondaggi e dei rischi connessi, diventa importante avere cognizione di quanto siamo informati e quanto manipolati. Occorre per questo saperne un minimo di più.

Per individuare strumenti per garantire la qualità dei dati e la correttezza delle interpretazioni.

Normativa e tutela dell’informazione

L’Associazione tra istituti di ricerche di mercato, sondaggi di opinione e ricerca sociale (Assirm) è l’organizzazione che raggruppa le aziende italiane del settore (http://www.assirm.it).

L’Assirm ha predisposto un codice di autodisciplina e un insieme di standard di qualità. Gli associati Assirm sono tenuti (con i loro clienti e committenti) a rispettare le norme dell’ESOMAR (www.esomar.org) per (l’eventuale) diffusione dei risultati.

Nel 1995 l’Assirm ha sottoscritto con il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti un protocollo di intesa che impegna i firmatari a fare in modo che la pubblicazione di risultati di sondaggi sia sempre corredata dalle informazioni previste dal codice ESOMAR.

Nel 2006 l’Assirm ha formulato un decalogo per un corretto uso e una responsabile diffusione dei sondaggi elettorali.

La legge n. 249 del 1997 istituisce l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (www.agcom.it).

Fra le competenze attribuite all’Agcom c’è la verifica che la pubblicazione e la diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa siano effettuate rispettando i criteri contenutiin un apposito regolamento in materia di pubblicazione e diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa (luglio 2002 delibera Agcom n. 153/02/Csp, e successive modifiche es. delibera Agcom n. 237/03/Csp).

Il regolamento specifica le modalità di pubblicazione e diffusione dei sondaggi, descrive le attività di verifica svolte dall’Agcom e le sanzioni da applicare ai soggetti che violano il regolamento.

Il regolamento prevede una “Nota Informativa” e un “Documento”.

La nota informativa deve essere evidenziata in un apposito riquadro nel caso di diffusione a mezzo stampa, letta al pubblico in caso di radiodiffusione o trasmessa per tutta la durata di illustrazione dei risultati in caso di diffusione televisiva.

Chi realizza il sondaggio è tenuto a spedire all’Autorità un documento con l’indicazione delle metodologie adottate per la realizzazione, e della significatività e limiti dei risultati ottenuti, oltre ad ogni elemento utile al fine della verifica, da parte dell’Agcom della corrispondenza effettiva di tali metodologie a quelle dichiarate dal soggetto realizzatore del sondaggio. Il soggetto che ha realizzato il sondaggio deve inoltre fornire le eventuali informazioni aggiuntive richieste dall’Autorità al fine di effettuare ulteriori verifiche.

La Nota Informativa deve indicare chi realizza il sondaggio, chi lo commissiona, il tipo di rilevazione, l’estensione territoriale, la consistenza numerica del campione, e persino il numero dei non rispondenti. Ovviamente anche il periodo di riferimento, le domande fatte e il sito web in cui sono pubblicati i risultati.

Ora, già siamo in grado di poter fare un commento che possa essere condiviso senza difficoltà da tutti: i sondaggi che arrivano all’orecchio degli utenti (chiamiamoli così) sono in maggior misura ascoltati (e ricordati!) di più se pronunciati da leader politici durante trasmissioni televisive o radiofoniche come un telegiornale o una trasmissione alla Ballarò piuttosto che dai soggetti che sono tenuti a farlo per autodisciplinarsi. Una frase di un leader carismatico rimane molto più impressa di una noiosa tabella, spesso non del tutto comprensibile a tutti.

Questo significa che nei fatti l’informazione non arriva completa ma sentiremo dire dal leader del partito di maggioranza: “i sondaggi dicono chiaramente che il 60% dei cittadini mi vuole ancora al governo” oppure da quello dell’opposizione: “i miei sondaggi dicono che la gente è stufa di questo governo!”.

Nessuno può obbligare nessuno a fare dichiarazioni più dettagliate (anche perché l’audience ne sarebbe inevitabilmente compromessa!) e nei fatti questo si traduce in pessima informazione.

Sappiamo tutti ormai che nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni è vietato rendere pubblici o, comunque, diffondere i risultati di sondaggi demoscopici sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori, anche se tali sondaggi sono stati effettuati in un periodo precedente a quello del divieto (Legge n. 28 in vigore dal 23 febbraio 2000). Questo ci da una idea della considerazione dei sondaggi quale strumento di distorsione dell’opinione.

Non c’è inoltre nessuna regolamentazione per quello che riguarda i sondaggi on line, che non sono sondaggi rappresentativi ai sensi delle direttive dell’Agcom e non hanno valore statistico.

Tipologie di sondaggi e applicazione delle norme

Un bel problema da risolvere sarebbe quello della distinzione netta di un sondaggio dall’altro e l’applicabilità delle norme. Se infatti è abbastanza chiaro distinguere i sondaggi “sull’esito delle elezioni” e “sugli orientamenti di voto degli elettori”, si abusa troppo dei sondaggi “sugli orientamenti politici”.

Tra “le opinioni dei cittadini”, “Politica e Chiesa”, “Il miglior candidato premier”, “i giovani e la politica” e via dicendo si aumenta volontariamente la difficoltà di interpretazione, e molti di questi sondaggi è successo che siano stati pubblicati in periodo pre-elettorale, proprio per la difficoltà interpretativa sulla tipologia degli stessi.

Effetti voluti ed indesiderati

Tra gli effetti politici studiati dei sondaggi, c’è l’effetto band wagon, nome in codice di “salto sul carrozzone” del vincitore. Esso fa si che gli elettori tendano a spostarsi verso il partito che i sondaggi danno per vincente. Di qui la volontà di mostrarsi tranquilli e sicuri della vittoria, cosa che viene sicuramente meglio a chi ci crede veramente.

Chi non conosce poi l’effetto “Voto utile”? Sarebbe il passare dal partito preferito al partito più vicino per non favorire un terzo partito più lontano e temuto. La sua enfasi mediatica in periodo pre-elettorale è nota. Come dire: “se ancora non hai capito, è meglio votare per chi vota la maggioranza, e la maggioranza vota per me” – a prescindere dal motivo per cui si voti.

Alla faccia delle regole per chi vuole autodisciplinarsi.

Un altro effetto di cui tener conto è l’effetto underdog, vale a dire («soccorso» del partito-cane dato per sfavorito-sconfitto nel confronto). Andare cioè a votare anche se si era già deciso di astenersi per evitare la sconfitta del partito più vicino. Tale effetto sembra comunque soffrire quello dell’astensione, che soffre molto della sfiducia nelle istituzioni in generale.

In caso di elezioni anticipate il cane vincente sarà veramente quello più atleticamente preparato? L’unica cosa certa è che, non sapendo con certezza quanto influenza un sondaggio, ognuno cita quello che più gli piace.

Affidabilità dei sondaggi

Il sito ufficiale dei Sondaggi Politici ed Elettorali è http://www.sondaggipoliticoelettorali.it/. Sul sito sono pubblicati i sondaggi ordinati dal più recente. Sfogliando le varie pagine si può vedere, tra le varie informazioni riportate, la numerosità del campione considerato.

Si va dai 350 ai mille intervistati. Ma come, 350 persone pretendono di rappresentare l’Italia, che alle penultime elezioni ha visto prevalere il vincitore per ventimila preferenze?

Da un punto di vista statistico, a partire da una certa numerosità campionaria, cominciano a considerarsi valide alcune assunzioni molto tecniche, che fanno del campione apparentemente poco numeroso un campione rappresentativo.

La statistica ci permette di capire quale debba essere la numerosità di un campione, stabiliti a priori la probabilità P che il valore vero (quindi ignoto) del parametro stimato sia compreso all’interno di un intervallo intorno al valore ottenuto dal nostro campione.

Inoltre, contrariamente a quanto suggerirebbe il senso comune il rapporto tra la numerosità del campione e quella dell’universo (popolazione) non è molto rilevante. Quindi che la popolazione italiana sia di 30.000 o di 50 milioni di persone è statisticamente irrilevante.

Senza perdersi in chiacchiere incomprensibili, si legge spesso che il campione sia rappresentativo al 95%.

Cosa vuol dire? Vuol dire che potrebbe averci detto male e abbiamo pescato un insieme di persone che non rappresenta bene la popolazione di riferimento. La probabilità che questo accada è appunto del 5%. Nessuno sa se siamo stati fortunati.

Dando una occhiata ai sondaggi pubblicati sul sito ufficiale sopra menzionato, si nota che si tratta quasi sempre di interviste telefoniche condotte con metodologia C.A.T.I. (Computer Assisted Telephone Interview) che gestisce automaticamente le fasi dell’intervista e controlla il suo svolgimento, migliorando la qualità dei dati. Tale metodologia però non garantisce assolutamente che i risultati rispecchino perfettamente la realtà.

Da un campione non ci si attende quindi un valore esatto, ma un valore abbastanza vicino ( più o meno un certo valore) a quello vero da soddisfare le nostre esigenze conoscitive.

La certezza però che il valore vero sia compreso in un intervallo noto vale solo per una certa quota di campioni, e non per tutti. Naturalmente non si procede mai realmente ad estrarre più campioni, ma si applica a quello selezionato la probabilità che questo sia valido.

L’eterogeneità dell’universo oggetto d’indagine piuttosto è un elemento molto delicato in questioni politiche. C’è poi da considerare la procedura di campionamento adottata.

Riguardo all’eterogeneità della popolazione, maggiore è questa, più grande deve essere il campione. C’è da dire che un sondaggio riferito alla intera popolazione italiana non è estendibile ad un sottogruppo di questa. Quindi se un sondaggio su 1000 persone rappresentativo a livello nazionale dice che il partito X riscuote il 20% delle preferenze, non è corretto estendere all’affermazione che “i delusi dell’ex-partito Y votano questo partito nel 20% dei casi”. Di norma la numerosità del campione viene calcolata sulla base dei sottogruppi significativi della popolazione rispetto ai quali si vuole sviluppare una autonoma analisi e nella pratica non si ritiene corretto svolgere analisi specifiche su sub campioni inferiori alle 100 unità.

Nel caso delle interviste a finalità politiche non si può non considerare la molteplicità dei fattori che influenzano l’attendibilità di una rilevazione campionaria. Consideriamo innanzitutto che la quota dei non votanti è ormai elevatissima, e con un sondaggio si va a conteggiare l’opinione anche di chi non andrà a votare. Questa a mio personale avviso è la maggiore fonte di errore, in quanto i “non rispondenti” al sondaggio nessuno ci dice rappresentino i “non votanti” alle elezioni.

Le eventuali differenze tra stime campionarie e risultanze elettorali potrebbero tra l’altro essere utilizzate per evidenziare ed estrapolare l’eventuale orientamento politico dei non votanti; cosa particolarmente allettante per finalità di accurate strategie politiche.

Un elemento importante è poi la procedura di campionamento adottata. Fare una telefonata in effetti ha i suoi vantaggi, in quanto costa poco, inoltre si viola meno la privacy dell’intervistato rispetto al faccia a faccia. Gli svantaggi invece sono prevalentemente legati al fatto che l’intervistatore non può fare interviste in profondità, visto lo scarso coinvolgimento e la minore possibilità di fare pause. Giusto per fare un esempio, in caso di risposte multiple si ricordano più facilmente la prima o l’ultima di queste, come le pietanze di un menù al ristorante. Per non chiedere la ripetizione della domanda si potrebbe essere tentati di rispondere velocemente con la risposta rimasta in memoria.

Una caratteristica tutta particolare dei sondaggi politici è poi la mutabilità. Quanto è variabile l’opinione pubblica? Quanto, quello che si vede oggi, vale anche domani? Quanto un evento ci può condizionare fino a farci cambiare idea? Tutto questo aggiunge variabili fondamentali difficilmente quantificabili, che fanno aumentare l’incertezza e fanno sì che siano sempre più frequenti i tentativi di “convincimento” da parte dei media.

Poi nascono nuovi partiti, cambia la legge elettorale, e si deve ricominciare con nuovi sondaggi, poi magari ad elezioni fatte, qualche regione pesa di più e rende il risultato nazionale meno decisivo. La statistica non basta mai e gli oracoli hanno quasi sempre una bandiera. Saremmo sicuramente più tranquillizzati dall’ingenuità di un nostro “polpo Paul” che meno predichi e più predica. Chissà se qualcuno ci ha già pensato…


Pubblicato su Enneeffe

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