mercoledì 15 dicembre 2010

Ferrobonus ed Ecobonus non basteranno

Secondo il Freight Leaders Council (Il consiglio dei leaders sul trasporto), l’Italia è al ventesimo posto, nell’Europa a 27, per la liberalizzazione ferroviaria delle merci. La classifica è guidata da Svezia e Olanda, con Gran Bretagna 4° e Germania 7.°
Vogliamo ricordare che Il mercato del trasporto ferroviario è stato coinvolto nel processo di liberalizzazione spinto dall’inizio degli anni ’90 dalla politica comunitaria, per il fatto che il trasporto su rotaia è lo strumento fondamentale per il raggiungimento di quello che è uno dei principi cardini della politica dei trasporti europea: la sostenibilità ambientale.
Questo perché, a parità di percorso, l’energia richiesta dal treno per trasportarPubblica post
e persone o merci è un terzo e un undicesimo, rispettivamente, di quella necessaria alla gomma e all’aereo. Per questo, nell’intero scenario della mobilità, il treno rappresenta la scelta più responsabile per proteggere l’ambiente e migliorare la qualità della vita e dell’aria.
In poco più di 30 anni il trasporto ferroviario delle merci in Europa è, nonostante questo, calato dal 20% al 10,8%. Negli Stati Uniti invece nel 2007 la quota di mercato è arrivata al 45,3%, con un incremento di 8 punti percentuali rispetto al 1990.
È nella competitività delle imprese la chiave di volta del rilancio del trasporto su rotaia delle merci, e insieme alla liberalizzazione costituiscono i due cardini sui quali può girare l’uscio che porta al rilancio del trasporto ferroviario delle merci.
Di fronte di un mercato sempre più privatizzato e globale, alle imprese deve convenire investire sulla ferrovia, altrimenti non si va avanti. Ma a tutt’oggi in Italia il processo di liberalizzazione è ancora in mezzo al guado e il livello di innovazione stenta a confronto con le altre modalità. Al momento soltanto il 9% circa dei prodotti è caricato sui treni: si tratta di una delle percentuali più basse di tutta Europa (in Germania, è del 21%, e la media europea è del 17%). Il grosso problema del trasporto su rotaia su tragitti brevi ( inferiori ai mille km) è la non competitività rispetto al trasporto su gomma.
Tale non competitività deriva dal fatto che, senza aiuto governativo, tutti i costi verrebbero a ricadere sulle imprese. Per distanze superiori a mille km, invece, il treno sarebbe l’opzione più conveniente, come afferma uno studio del Politecnico di Torino. Peccato che in media un trasporto percorra in Europa centodieci km.
E’ alla competitività ed alla liberalizzazione che il Freight Leaders Council (Flc) ha dedicato il suo ultimo Quaderno (il n. 20), che analizza la situazione attuale in Italia e in Europa e indica le possibili strade da percorrere.
Secondo il Flc, l’inferiorità italiana è dovuta sia a ragioni di carattere industriale che di tipo normativo. Sul primo versante, l’ex monopolista (Fs) sta ormai rinunciando a offrire un servizio con cui non ricopre i costi, seguendo la logica del mercato; le nuove aziende di trasporto però, anziché occupare i grandi spazi lasciati liberi, si concentrano sul traffico merci di nicchia, più conveniente. Così facendo, l’offerta del servizio cala e i piccoli operatori – specie nel Nord Italia – cedono il passo alle grosse società monopolistiche internazionali.
È necessario perciò – si legge nel Quaderno Flc – mettere in condizione Trenitalia di competere col resto d’Europa, allineando i costi di produzione agli standard continentali, realizzando un contratto unico per il trasporto ferroviario che assorba una serie di vincoli (doppio macchinista, flessibilità del personale, rapporto tra personale di staff e di linea).
Sul piano normativo occorrono invece una riforma del canone di accesso alla rete ferroviaria per i treni merci che semplifichi il meccanismo di calcolo, un’effettiva politica di incentivi all’intermodalità, un riassetto del Gruppo Fs, facilità di accesso agli scali merci e una regolamentazione della sicurezza ferroviaria che tenga conto anche della concorrenza.
È proprio sulla politica di incentivi che va ad agire vedi il cosiddetto Ferrobonus, il regolamento che prevede, per le imprese che nel 2010 effettueranno almeno l’80% del traffico ferroviario merci effettuato nel 2009, due euro per treno per chilometro percorso. Ma la FerCargo, l’associazione delle imprese ferroviarie private di trasporto merci operanti in Italia, osservando il calo nel trasporto merci su rotaia anche nel primo semestre del 2010, auspica un impegno ben maggiore da parte del Governo, necessario per rilanciare veramente l’intero sistema. Impegno su più fronti: un incentivo per i prossimi tre anni alle aziende che decideranno di utilizzare il trasporto merci ferroviario o decideranno di investire sulla rotaia; fondi più consistenti per il materiale rotabile; aumento della disponibilità della rete ferroviaria.
In ogni caso, le soluzioni proposte per rispondere alle esigenze di mobilità devono tener conto degli aspetti relativi all’ambiente, alla sicurezza e all’uso del territorio, perché la sensibilità comune rispetto alla questione della mobilità sostenibile è ormai al centro di ogni scelta quotidiana; la domanda di mobilità sostenibile sale e cresce anche la dimensione dei mercati.
A livello di scelte comunali, Il grande problema da risolvere per chi amministra grandi aree metropolitane è quello di lasciare che i mezzi privati circolino, con gli ovvi problemi ambientali legati alla congestione del traffico e soprattutto legati alla esclusione sociale, oppure promuovere l’utilizzo dei mezzi pubblici, che però hanno bisogno di aiuti pubblici.
Ci sono poi alcuni elementi del Ferrobonus che meritano una riflessione. Gli operatori più interessati all’intermodalità lamentano che Imporre l’erogazione solo a chi nel 2010 effettuerà almeno l’80% del traffico combinato prodotto nel 2009 può creare alcune distorsioni, perché abbiamo attraversato una forte crisi economica che ha stravolto l’attività di molte imprese. Inoltre l’incentivo prevede che il treno merci sia completo, e non una sola parte. Di conseguenza, sarebbero naturalmente i trasportatori di maggiori dimensioni, che effettuano treni completi, ad essere favoriti e non quindi quelli più piccoli.
In linea generale il trasporto merci ferroviario presenta una serie di problemi: mancanza di affidabilità, ridotte capacità disponibili, cattiva gestione dell’informazione, bassa velocità media e scarsa flessibilità. In effetti le merci deperibili richiedono trasporto veloce ed affidabile – il trasporto stradale è spesso la via più affidabile e più veloce, offrendo flessibilità dal punto di vista del ritiro e dei punti di consegna. E I prodotti agricoli e manifatturieri sono alcuni dei beni più importanti trasportati in tutta Europa. Le loro quotazioni in termini di tonnellate-chilometro sono in aumento. Il trasporto stradale è spesso più veloce e più flessibile quindi del trasporto per ferrovia o marittimo.
Nonostante questo ci sono fattori che fanno sperare gli ottimisti: la crescente attenzione alla sostenibilità ambientale, la crescita degli scambi commerciali, la congestione stradale, il prezzo elevato del petrolio.
Un bel problema per un rilancio del trasporto su rotaia è costituito dalle Certificazioni di Sicurezza.
Per avere accesso all’infrastruttura ferroviaria, un’impresa ferroviaria deve essere infatti titolare di un certificato di sicurezza, ed ottenerlo In Italia è costosissimo e può richiedere tempi superiori all’anno. In Italia ci sono tuttora 26 operatori con certificato di sicurezza nel settore merci, aumentato di molto da quando è l’Agenzia Nazionale della Sicurezza Ferroviaria (ANSF, indipendente da RFI) che rilascia tale certificazione. Ma in Germania tale numero supera le 200, sono più di 50 in Gran Bretagna, Olanda e Polonia. Tra l’altro il numero degli operatori coinvolti è direttamente proporzionale alle pressioni politiche, non a caso il numero di operatori del settore del trasporto su strada, enormemente alto in Italia, ovviamente si oppone energicamente a progetti di cambiamento a favore della rotaia.
Il 15 settembre scorso l’UETR (Unione europea degli autotrasportatori di merci) ha partecipato ad un incontro al Parlamento Europeo sulle politiche settoriali e dialogo sociale col Commissario europeo all’Occupazione Laszlo Andor. L’incontro pare sia stato produttivo, in quanto, a detta del presidente Francesco Del Boca, si apre la speranza che nel giro di qualche mese l’UETR sia accolta nelle rappresentanze sociali del Parlamento Europeo.
In tal caso le richieste degli autotrasportatori su gomma assumerebbero certamente maggiore ascolto.
A proposito di Intermodale, non possiamo non parlare di infrastrutture.
I collegamenti intermodali beneficerebbero molto di un processo di aggiornamento nei collegamenti. L’attuale sistema infrastrutturale italiano limita molto un provvedimento come il Ferrobonus. Tra le altre cose, la realizzazione di piattaforme Logistiche di interscambio gomma-rotaia per le merci accede facilmente a finanziamenti comunitari e danno valore aggiunto alle attività locali.
I porti ad esempio, in Italia sono generalmente sempre poco raggiungibili. A proposito, sempre a livello di normativa, rimane ancora in sospeso l’incentivo per il trasporto combinato strada-mare (Ecobonus), non ancora previsto per il 2010. Il primo anno in cui è stato applicato tale incentivo è il 2007. Rispetto a tale anno, i volumi di traffico spostati attraverso l’infrastruttura del mare, già ingenti, sono notevolmente aumentati. Entro al fine di ottobre se ne saprà di più dal Governo, ma secondo Salvatore Bella, Vice Presidente Consulta Autotrasporto Siciliano, se l’ecobonus non venisse rifinanziato tutti ritornerebbero alla strada visto il costo delle polizze d’imbarco. Non parliamo poi del maggiore impatto ambientale e della maggiore sicurezza stradale.
E poi, l’UE i soldi per ammodernare i porti e inaugurare autostrade del mare li stanzia; basta saperne approfittare.

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