mercoledì 15 dicembre 2010

Lavoro, istruzione, giovani: l’Inclusione e la protezione sociale in Italia

Il bel paese non è ancora il paese del buon-essere.

Certamente nel nostro paese non manca il benessere, qualche dubbio c’è, piuttosto, sul buon-essere. Il dibattito politico in Italia intorno a temi come l’inclusione e la protezione sociale, è vero, è da sempre però molto acceso. A luglio è stata mostrata al Governo il RAPPORTO SULLE POLITICHE CONTRO LA POVERTÀ E L’ESCLUSIONE SOCIALE in Italia, realizzato dalla Commissione di Indagine sull'Esclusione Sociale.

L’Eurostat allo stesso tempo sta sviluppando nuovi indicatori sull’integrazione sociale, che rientrano in un’analisi più generale sull’occupazione e sulla politica sociale.

Esiste già dal 2000 una volontà comune dei paesi dell’Unione Europea nell’individuare e promuovere le politiche più efficaci nei settori della protezione e l'inclusione sociale, in modo da poter imparare dalle esperienze altrui, individuando le buone pratiche e gli approcci innovativi di interesse comune per gli Stati membri. L’OMC (Open Method of Coordination on Social Inclusion and Social Protection) è un metodo di coordinamento istituito presso il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000; esso fornisce un quadro di coordinamento politico, seppur senza vincoli giuridici da parte dei paesi membri.

Il metodo prevede di accettare obiettivi condivisi per sostenere l'intero processo; a tale fine è stato sviluppato un set di indicatori che mostrano come i progressi verso questi obiettivi possano essere misurati. Gli obiettivi principali che si pone l’Eurostat con questi indicatori sono di monitorare la coesione sociale, il rispetto degli obiettivi di Lisbona e delle Strategie di Sviluppo Sostenibile, nonché le buone pratiche governative.

Nell’ambito specifico dell’inclusione sociale, riportiamo una tabella complessiva con gli indicatori più significativi sviluppati da Eurostat.

Nella tabella sottostante si riporta, con riferimento a questi indicatori, quella che appare la situazione italiana agli ultimi dati disponibili ed una valutazione dell’evoluzione nell’Unione Europea e in Italia. Riportiamo infine la posizione italiana nella classifica dei paesi dell’UE.

L’Italia si colloca certamente non tra i migliori paesi in qualsiasi ambito preso in considerazione. Una posizione non invidiabile che merita politiche mirate. Vale la pena di soffermarci su qualche dato.

Negli ultimi anni la percentuale di famiglie relativamente povere è rimasta sostanzialmente stabile, ma in Italia nel 2008 siamo al 18,7% (20-esimi in Europa). l’ISTAT fa poi notare come il numero delle famiglie “sicuramente povere” è cresciuto di 90.000 unità dal 2007.

Il 14,6% poi ha un reddito disponibile inferiore alla soglia anche in almeno due dei tre anni precedenti . Si tratta di una misura della “persistenza”, che ci vede ultimi in Europa tra i 15 paesi per cui è disponibile il valore di tale indicatore.

Alta anche la disoccupazione di lunga durata, almeno in confronto all’Europa, che procede comunque con trend analogo per via della crisi economica. La Confederazione europea dei sindacati (Ces) ribadisce la sua preoccupazione riguardo la disoccupazione e i livelli di precarietà dei giovani in Europa. Nella sua dichiarazione ‘Il New Deal sociale’, la Ces propone di garantire ai giovani istruzione, formazione e lavoro di qualità, ad esempio attraverso l’uso di sussidi all’occupazione per incentivare le assunzioni. Durante le crisi economiche i giovani adulti d’età tra i 20 e i 24 anni sono sì colpiti più spesso dalla disoccupazione rispetto ad altre fasce d’età, ed ovviamente destinare più risorse è condizione imprescindibile per un cambiamento di rotta, ma come utilizzarle? Il rapporto del Consiglio Federale del 25 agosto 2010, mostra come in Svizzera ad esempio, la quota molto bassa di giovani disoccupati di lunga durata, sia stato il frutto soprattutto di corsi di tecnica di ricerca d’impiego, di corsi di bilancio personale e professionale, di corsi di lingue, gli stage professionali e i programmi di occupazione temporanea. In tal modo molti disoccupati hanno potuto ampliare in modo mirato le loro competenze professionali e sono stati integrati rapidamente nel mercato del lavoro.
In Danimarca, che vanta il tasso di disoccupazione a lungo termine più basso dell’UE, si propone addirittura di dare facoltà ai Comuni di richiedere stage alle aziende di una certa dimensione, per garantire tirocini per i giovani. Il Italia come minimo si farebbe appello alla violazione delle regole di concorrenza dell’UE nell’imporre tale obbligo. Ma la cosa potrebbe essere sottoposta alla stessa Unione Europea come strategia comunitaria.

E’ preoccupante poi l’ascesa della quota dei minorenni che vivono in famiglie in cui nessuno lavora. È l’indicatore che segnala il miglior piazzamento (siamo ottavi) ma il trend Italiano ed Europeo è anche qui in netto peggioramento. Ad hoc quindi la proroga di un altro anno che arriva dal fondo creato dalla Chiesa milanese per aiutare le famiglie in difficoltà a causa della perdita del lavoro, fondo che doveva durare fino al 2010.

Scende infine costantemente, sia in Italia che in Europa, il tasso di abbandono scolastico prematuro, cioè la percentuale della popolazione 18-24 anni con al massimo una istruzione secondaria inferiore e che non prosegue gli studi. L’Italia dedica pochissimo (solo il 4,5% del PIL) all’istruzione secondo i dati OCSE pubblicati il 7 settembre. Anche la Commissione Europea ci invita a continuare a investire nell’ istruzione, a farlo di più e a farlo meglio.

Sono in preparazione da parte dell’Eurostat altri interessanti indicatori, come quello per misurare il benessere dei bambini e l’utilizzo dei servizi di assistenza medica. Sul primo aspetto c’è già una indagine dell’OCSE: uno studio comparato che ci mette a confronto 24 Paesi membri, tra cui l’Italia.

L’Italia sembra situarsi molto vicino alla media globale dell’OCSE, ma quando si osserva il dato sugli investimenti per i bambini piccoli, la spesa italiana è l’80% della media OCSE, e i bambini di età compresa tra 0-5 anni in Italia ricevono la metà degli investimenti dedicati ai bambini italiani nelle fasce di età più alte. In generale i bambini italiani hanno situazioni peggiori dei loro coetanei di altri paesi in molte aeree di rilievo per la misura del benessere.

Pubblicato su Enneeffe

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