martedì 14 settembre 2010

Lavoro, istruzione, giovani: l’Inclusione e la protezione sociale in Italia

Il bel paese non è ancora il paese del buon-essere.
Certamente nel nostro paese non manca il benessere, qualche dubbio c’è, piuttosto, sul buon-essere. Il dibattito politico in Italia intorno a temi come l’inclusione e la protezione sociale, è vero,  è da sempre però
molto acceso. A luglio è stata mostrata al Governo il RAPPORTO SULLE POLITICHE CONTRO LA POVERTÀ E L’ESCLUSIONE SOCIALE in Italia, realizzato dalla Commissione di Indagine sull'Esclusione Sociale.
L’Eurostat allo stesso tempo sta sviluppando nuovi indicatori sull’integrazione sociale, che rientrano in
un’analisi più generale sull’occupazione e sulla politica sociale.
Esiste già dal 2000 una volontà comune dei paesi dell’Unione Europea nell’individuare e promuovere le
politiche più efficaci nei settori della protezione e l'inclusione sociale, in modo  da poter imparare dalle
esperienze altrui, individuando le buone pratiche e gli approcci innovativi di interesse comune per gli Stati
membri. L’OMC (Open Method of Coordination on Social Inclusion and Social Protection) è un metodo di
coordinamento istituito presso il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000; esso fornisce un quadro di
coordinamento politico, seppur senza vincoli giuridici da parte dei paesi membri.
Il metodo prevede di accettare obiettivi condivisi per sostenere l'intero processo; a tale fine è stato
sviluppato un set di indicatori che mostrano come i progressi verso questi obiettivi possano essere misurati.
Gli obiettivi principali che si pone l’Eurostat con questi indicatori sono di monitorare la coesione sociale, il
rispetto degli obiettivi di Lisbona e delle Strategie di Sviluppo Sostenibile, nonché le buone pratiche
governative.
Nell’ambito specifico dell’inclusione sociale, riportiamo una tabella complessiva con gli indicatori più
significativi sviluppati da Eurostat.
Nella tabella sottostante si riporta, con riferimento a questi indicatori, quella che appare la situazione
italiana agli ultimi dati disponibili ed una valutazione dell’evoluzione nell’Unione Europea e in Italia.
Riportiamo infine la posizione italiana nella classifica dei paesi dell’UE.


L’Italia si colloca certamente non tra i migliori paesi  in qualsiasi ambito preso in considerazione. Una
posizione non invidiabile che merita politiche mirate.  Vale la pena di soffermarci su qualche dato.
Negli ultimi anni la percentuale di famiglie relativamente povere è rimasta sostanzialmente stabile, ma in
Italia nel 2008 siamo al 18,7% (20-esimi in Europa). l’ISTAT fa poi notare come il numero delle famiglie
“sicuramente povere” è cresciuto di 90.000 unità dal 2007.
Il 14,6% poi  ha un reddito disponibile inferiore alla soglia anche in almeno due dei tre anni precedenti . Si
tratta  di una misura della “persistenza”,  che ci vede ultimi in Europa tra i 15 paesi per cui è disponibile il
valore di tale indicatore.
Alta anche la disoccupazione di lunga durata, almeno in confronto all’Europa, che procede comunque con
trend analogo per via della crisi economica. La Confederazione europea dei sindacati (Ces) ribadisce la sua
preoccupazione riguardo la disoccupazione e i livelli di precarietà dei giovani in Europa. Nella sua
dichiarazione 'Il New Deal sociale', la Ces propone di garantire ai giovani istruzione, formazione e lavoro di
qualità, ad esempio attraverso l'uso di sussidi all'occupazione per incentivare le assunzioni. Durante le crisi
economiche i giovani adulti d'età tra i 20 e i 24 anni sono sì colpiti più spesso dalla disoccupazione rispetto
ad altre fasce d'età, ed ovviamente destinare più risorse è condizione imprescindibile per un cambiamento
di rotta, ma come utilizzarle? Il rapporto del Consiglio Federale del 25 agosto 2010, mostra come in Svizzera
ad esempio, la quota molto bassa di giovani disoccupati di lunga durata, sia stato il frutto soprattutto di
corsi di tecnica di ricerca d'impiego, di corsi di bilancio personale e professionale, di corsi di lingue, gli stage
professionali e i programmi di occupazione temporanea. In tal modo molti disoccupati hanno potuto
ampliare in modo mirato le loro competenze professionali e sono stati integrati rapidamente nel mercato
del lavoro. In Danimarca, che vanta il tasso di disoccupazione a lungo termine più basso dell’UE, si propone addirittura di dare facoltà ai Comuni di richiedere stage alle aziende di una certa dimensione, per  garantire
tirocini per i giovani. Il Italia come minimo si farebbe appello alla violazione delle regole di concorrenza
dell'UE nell’imporre tale obbligo. Ma la cosa potrebbe essere sottoposta alla stessa Unione Europea come
strategia comunitaria.
E’ preoccupante poi  l’ascesa della quota dei minorenni che vivono in famiglie in cui nessuno lavora. È
l’indicatore che segnala il miglior piazzamento (siamo ottavi) ma il trend Italiano ed Europeo è anche qui in
netto peggioramento. Ad hoc quindi la proroga di un altro anno che arriva dal fondo creato dalla Chiesa
milanese per aiutare le famiglie in difficoltà a causa della perdita del lavoro, fondo che doveva durare fino
al 2010.
Scende infine costantemente, sia in Italia che in Europa, il tasso di abbandono scolastico prematuro, cioè la
percentuale della popolazione 18-24 anni con al massimo una istruzione secondaria inferiore e che non
prosegue gli studi. L’Italia dedica pochissimo (solo il 4,5% del PIL) all’istruzione secondo i dati OCSE
pubblicati il 7 settembre. Anche la Commissione Europea ci invita a continuare a investire nell’ istruzione, a
farlo di più e a farlo meglio.
Sono in preparazione da parte dell’Eurostat altri interessanti indicatori, come quello per misurare il
benessere dei bambini e l’utilizzo dei servizi di assistenza medica. Sul primo aspetto c’è già una indagine
dell’OCSE: uno studio comparato che ci mette a confronto 24 Paesi membri, tra cui l’Italia.
L’Italia sembra situarsi molto vicino alla media globale dell’OCSE, ma quando si osserva il dato sugli
investimenti per i bambini piccoli, la spesa italiana è l’80% della media OCSE, e i bambini di età compresa
tra 0-5 anni in Italia ricevono la metà degli investimenti dedicati ai bambini italiani nelle fasce di età più
alte. In generale i bambini italiani hanno situazioni peggiori dei loro coetanei di altri paesi in molte aeree di
rilievo per la misura del benessere.

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